Le leggende

   Su monte Cofano esiste una curiosa leggenda popolare che vide in contrasto trapanesi e custonacesi. Due compari pensarono di legare la montagna ad una fune e si accinsero a trascinarla fino a Trapani. Da qui la famosa espressione del dialetto cittadino “tira cumpari chi Cofanu veni” che è entrata a far parte dei modi di dire riguardo a un’impresa ritenuta impossibile da realizzare. Com’era naturale, infatti, l’enorme sforzo provocò la rottura della corda e la caduta in mare dei due compari che la tiravano.
   Gli abitanti di Custonaci, venuti a sapere del tentativo di furto da parte dei trapanesi della loro montagna, affinché il fatto non si potesse ripetere, misero a guardia di Cofano un loro “custode” di fiducia per proteggerlo.
   I trapanesi, delusi  per il triste epilogo della vicenda, desistettero dall’assurda azione di trascinare la montagna dalla loro parte. Fu tale la delusione per la mancata riuscita dell'impresa che, per vendetta, i due compari inviarono un demone malvagio che lanciasse su monte Cofano e sulla stessa Custonaci tante saette infuocate per distruggerne la stessa memoria. Il nefasto progetto venne, però, ostacolato dall’intervento divino che salvò miracolosamente Cofano e Custonaci, facendo deviare le saette infuocate in altre località.
   Una di queste saette colpì il custode che si pietrificò; un’altra colpì la vicina località di Bufara lasciando un’enorme voragine scavata nel terreno (la cui vera origine, in verità, è ignota).
in alto al centro della foto
 il custode di roccia
   Quanto all’uomo pietrificato si può identificare in una sporgenza calcareo-sedimentaria di monte Cofano, visibile ad occhio nudo sul versante Sud-Ovest, che, per gli abitanti di Custonaci, resterà sempre il custode della loro montagna. 
   Altra leggenda, altrettanto nota, è quella legata al ben noto 'passo della zita' a strapiombo sul mare e sito sul lato Nord del monte. Si tratta di una curva stretta e pericolosa a cui si fa risalire un vecchio e doloroso fatto accaduto a due innamorati  che, avendo deciso di sposarsi ad Erice, attraversarono quel passo per raggiungere la cittadina sulla vetta. 
   Al momento del passaggio il terreno franò e i due sventurati giovani caddero in fondo al mare. E' ancora possibile, durante le notti di pioggia, sentire i lamenti della giovane donna. I pescatori del luogo dicono anche di aver visto un pezzo di stoffa bianca galleggiare in mare sotto il precipizio che, dopo il triste epilogo della storia, prese il nome di 'passo della zita'. Dalla leggenda è derivato un modo di dire: si è soliti dare questo nome a un punto difficile e rischioso da attraversare in cui non è consigliabile avviarsi.



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